La religione degli egizi si rivela sotto un duplice aspetto, divino e funerario. Quanto all’aspetto propriamente divino della religione egizia, non deve stupire l’affollamento e la molteplicità del suo pantheon, perché in esso confluirono le divinità locali dei singoli distretti, sovente rappresentate in forme e con attributi di animali; si tratta, probabilmente, di sopravvivenze del culto dedicato da ciascuna tribù preistorica al proprio totem. Inoltre, ad aumentare la confusione, non tutte le divinità furono importanti nello stesso periodo, e alcune di esse, col passare del tempo, assunsero le prerogative e le caratteristiche di altre. Gli egizi non si preoccuparono di definire con chiarezza gli attributi e i poteri delle singole divinità, anche se ad alcune fu affidato un ruolo preciso; per essi gli dèi erano esseri superiori, dal cui umore dipendeva l’andamento del mondo e con i quali quindi dovevano essere mantenute buone relazioni. Era questo il compito di faraone, il dio vivente, e lo scopo delle cerimonie di culto che si svolgevano nei templi. Ad esse era preposta una casta di sacerdoti, dalle rigide gerarchie, che aveva il più alto rappresentante nel Grande Sacerdote del dio, delegato dal faraone a celebrare i riti. Primo Sacerdote era, infatti, lo stesso faraone, divinità vivente. Nella religione di stato però assunse preminenza il dio-sole nelle sue varie manifestazioni: Khepri al mattino, Ra sul mezzogiorno, Atun la sera. Il suo culto venne diffuso dai sacerdoti-teologi di Eliopoli (in greco "città del sole"), a nord di Menfi, che elaborarono la prima dottrina teologica detta "Enneade", perché basata su un gruppo di nove dèi. Altre città, come Ermopoli e Menfi, costruirono teogonie diverse basate su gruppi di otto dèi (Ogdoade). A fianco di queste dottrine, ne maturò un’altra, che traeva origine da epoca più antica, intitolata a Osiride. Il mito di Osiride e della sua sposa Iside fu sempre vivo tra gli egizi di qualsiasi estrazione o classe sociale e fu anche quello che durò più a lungo nel tempo. Sotto la XII dinastia, raggiunge grande popolarità il culto di Amon, i cui sacerdoti, durante il Nuovo Regno, diventarono così potenti da provocare la riforma con la quale Amenofi IV tentò di imporre una religione che potremmo definire "monoteista": signore unico dell’universo è Aton, forza vitale del sole e rappresentato dal disco solare. Sia il racconto sacro che fa morire e poi rinascere Osiride, sia la quotidiana vicenda del dio-sole, che al tramonto è sopraffatto dalle tenebre ma il giorno dopo risorge trionfante, rappresentavano per gli egizi la garanzia della fede nella sopravvivenza dell’anima dopo la morte. Nei tempi più antichi una vera vita oltre la morte era considerata privilegio del faraone e i sudditi speravano che l’immortalità del sovrano si riflettesse in qualche modo anche su di loro. Più tardi la sopravvivenza diventò invece un diritto di tutti gli uomini che avevano condotto un’esistenza terrena giusta. La religione funeraria si basava appunto sulla sopravvivenza eterna dell’anima e la morte non era considerata altro che la separazione dal corpo di questa forza spirituale, il ka o "doppio" dell’uomo, che nel corpo aveva trovato un sostegno materiale. Poiché il mondo era stato creato dalla forza vitale dell’universo, all’ordine e all’armonia, che stava al di là e al di sopra dell’uomo, lo spirito eterno doveva tornare quando il suo percorso terreno giungeva al termine. Di qui la volontà di preservare il cadavere mediante la mummificazione, le pratiche di sepoltura, le tombe. L’anima del defunto veniva giudicata dal tribunale di Osiride, ma poiché le era concesso di difendersi, poteva aiutarsi con il formulario rituale scritto su un papiro (Libro dei morti), che ogni defunto portava con sé nella tomba. Oltre ai riti funerari erano molto frequenti le cerimonie pubbliche, nelle quali il dio-re esternava la sua origine celeste. L’incoronazione celebrava il passaggio del potere divino da un faraone all'altro; la festa giubilare Sed commemora questo passaggio e rinnova la potenza del sovrano: per questo egli doveva dare prova di forza fisica correndo verso i quattro punti cardinali e rinnovando così simbolicamente il possesso dell’Egitto.